CALCATA

Piccolo borgo medievale arroccato sull’alto di una rupe e difeso da una profonda forra, Calcata ha un fascino particolare, dovuto al fatto di ergersi su un vero e proprio scoglio di pietra vulcanica piantato in mezzo alla valle del Treja. Compare nelle carte ufficiali a partire dal 974, quando il castello viene donato all’Abate di San Gregorio di Roma. Da quel momento, al governo del territorio si avvicenda una lunga lista di padroni e protettori, tra cui i più celebri furono i Sinibaldi e gli Anguillara. Il borgo conserva intatta, ancora oggi, la sua struttura medievale. Si entra dal basso, attraverso una doppia porta scavata nella roccia, che conduce alla piazza principale. Da lì si irradiano i vicoli che portano agli strapiombi della rupe, che appare tutta scavata con una miriade di passaggi, cantine e, a volte, tombe. Le case di tufo più antiche risalgono al 1200, le strade sono lastricate con grossi ciottoli di fiume sin dal 1700, la piazza con la chiesa è di impianto rinascimentale. Il palazzo baronale, rimaneggiato tra il XVIII e il XIX secolo, è stato restaurato ed è ora proprietà del Parco. Attualmente nel paese vecchio vivono stabilmente poche decine di persone. Nel 1935, Calcata fu inserita nell’elenco dei paesi da risanare e solo il sopravvenire degli eventi bellici evitò il trasferimento degli abitanti e l’abbattimento delle case. Negli anni Settanta, comunque, lo spostamento della popolazione locale a Calcata nuova avvenne. Da allora il borgo, ormai abbandonato, per paradosso, ha ricominciato a vivere, ma solo per la presenza di persone venute da fuori. Divenne infatti luogo d’elezione di intellettuali, artisti, scrittori e artigiani che, con i loro atelier ricavati nelle case di tufo rosso, portarono una ventata anticonformista e un po’ bohémienne. Nel 2000 la rupe fu consolidata e il paese definitivamente salvato, i vecchi abitanti, però, erano ormai andati via.

Il Palazzo Baronale

Il più importante edificio di Calcata

Risalente intorno all’XI secolo, il Palazzo Baronale degli Anguillara è l’edificio più importante di Calcata e, con la sua torre merlata, denota il profilo del borgo. Nel tempo, dopo essere stato la dimora degli Anguillara, ha ospitato tutti i principali servizi del paese: l’ufficio postale, la scuola, il presidio medico. Fino agli anni ’50, nella sala principale si sono svolti gli eventi più importanti della vita cittadina, tra cui quasi tutti i pranzi di nozze dei calcatesi. Dopo il trasferimento degli abitanti a Calcata nuova, il Palazzo è rimasto in stato di abbandono per lunghi anni, puntellato in alcune sue parti e privo di una porzione del tetto. Acquistato dal Parco, è stato completamente ristrutturato con un progetto di restauro dell’architetto Paolo Portoghesi. I lavori, avviati nel 1995, hanno portato al pieno recupero della struttura, che ora ospita gli uffici del Parco stesso. L’utilizzazione delle sale al piano terra come spazio espositivo, o per convegni, corsi e incontri pubblici, aperte anche a iniziative di associazioni e privati, rende il Palazzo una struttura a disposizione della collettività. Nel 2015 sono stati realizzati importanti lavori di restauro conservativo nel piano seminterrato, utilizzato in passato anche come forno pubblico dai calcatesi. La grande sala con volte a crociera, come gli altri ambienti con copertura a botte che su di essa si affacciano, è senza dubbio la zona più antica del palazzo. Probabilmente adibita originariamente a salone di rappresentanza, è stata ampiamente rimaneggiata nei secoli, fino a essere destinata, sul finire del XVIII secolo, a cucine e magazzini. La realizzazione del forno ne aveva compromesso le decorazioni pittoriche, ricoperte negli anni dalle inevitabili patine di fumo. Gli interventi hanno riguardato proprio le superfici dipinte delle volte, delle pareti e del forno. La rimozione di spessi strati di pittura mista a caligine ha riportato alla luce affreschi di grande interesse, di cui si era persa memoria e che rimandano alla potente famiglia degli Anguillara.

La sacra reliquia del prepuzio

Un’antica e celebre legenda

La presenza della reliquia del sacro prepuzio nella chiesa del Santissimo Nome di Gesù è una delle circostanze più note legate a Calcata, tanto da essere citata nel romanzo di Saramago “Il Vangelo secondo Gesù” e, persino, nel capolavoro di Joyce “Ulisse”. Durante il Sacco di Roma, perpetrato dai lanzichenecchi nel 1527, molti dei tesori contenuti nei palazzi, nelle chiese e nei musei cittadini furono trafugati dai soldati. Tra di essi, anche una delle reliquie della circoncisione di Cristo ufficialmente accreditate dalla Chiesa e conservata nel Sancta Sanctorum di San Giovanni in Laterano. Era contenuta in un prezioso scrigno incastonato di pietre e a interessare l’ignoto lanzichenecco, che la nascose sotto la giubba quasi cinque secoli fa, fu, evidentemente, il contenitore e non il contenuto. In seguito, la carestia e la peste, che si erano diffuse nella città, fecero fuggire il soldato di ventura, che percorse la via Flaminia e trovò riparo in una delle grotte intorno a Calcata. Scoperto dagli abitanti, fu catturato e imprigionato. Solo trent’anni dopo, secondo la tradizione, il reliquiario fu ritrovato nella cella, dove era stato nascosto dal lanzichenecco, e portato presso la chiesa di Calcata. La sacra reliquia rimase lì fino agli anni Ottanta, quando scomparve misteriosamente. Ancora oggi, nessuno sa con certezza se si trattò di un furto o, invece, di una segreta acquisizione del Vaticano, volta a contenere l’interesse verso la singolare reliquia. Va detto, in effetti, che già una disposizione del Sant’Uffizio del 1900 invitava alla cautela nel culto della reliquia di Calcata, e che, al momento della scomparsa, la teca era già stata da tempo spostata nella canonica, nascosta agli occhi dei devoti. La storia del lanzichenecco è la versione più accreditata sulla presenza del sacro cimelio a Calcata. Naturalmente sul fatto fiorirono molte leggende. Una delle più note localmente si basa sulla circostanza che la reliquia sarebbe stata sepolta davanti alla porta di accesso di Calcata. Da quel momento nessun animale aveva voluto più varcare la soglia del paese. Buoi, pecore e asini si inginocchiavano davanti alla porta e non c’era verso di farli proseguire. Alla fine, per cercare i motivi del rifiuto, fu scavata una buca e fu così ritrovato il cofanetto. Gli animali tornarono a transitare e gli abitanti a vantarsi della reliquia.

Il borgo di Calcata

La piazza principale

I tetti visti dalla torre